Ho deciso di iniziare questa sezione condividendo con voi qualche riflessione intorno al film “Ufficiale e gentiluomo”, rivisto per caso giorni fa.
Il protagonista è Zack, un giovane deciso a riscattare la sua vita segnata da una condizione familiare non certo facile diventando pilota d’aerei della marina. Il ragazzo inizia a frequentare il durissimo corso di addestramento, durante il quale stringe amicizia con il compagno Side.
In una libera uscita con l’amico, Zack incontra Paula.
Tra Zac e Paula inizia subito una relazione che appare libera, senza promesse e senza legami. Paula che è una ragazza del posto che lavora come operaia in una fabbrica.
Come anticipato dal severissimo sergente che mette in guardia i futuri piloti, il sogno di tutte le giovani della città è di sposare un ufficiale che le porti via dalla misera vita della fabbrica, l’unica che viene loro offerta in quella provincia desolata.
Paula è una ragazza pulita, sincera e appassionata, non mira freddamente ad accalappiarsi un futuro ufficiale (a differenza dell’amica Lynette, pronta a tutto per il proprio scopo), e infatti il suo sentimento per Zack è autentico.
Nel relazionarsi con Zack è disponibile, premurosa, accudente, e non chiede nulla per sé, lei c’è per lui fingendo a lui, ma soprattutto a se stessa, che questa storia non sia davvero importante.
In realtà, Paula è una donna che, senza rendersene conto, sta già amando troppo perché il rapporto con Zack non è alla pari: lei si dà senza risparmiarsi e spera che il suo amore incondizionato venga ripagato.
Per quanto il lieto fine hollywoodiano le dia ragione, mi appare chiaro che l’“errore” di Paula è di affidare completamente la sua esistenza all’altra persona.
Confida a Zack che sa esattamente quello che non vuole, ossia trovarsi fra 20 anni a lavorare in quella fabbrica come la propria madre, ma certamente vittima di una mentalità tradizionalista, non osa nemmeno pensare a come attivarsi per fuggire da un futuro che non le piace, vede come unica via d’uscita l’Altro.
Nel tentativo di analizzare il tipo di rapporto che romanticamente il film offre, provo a proiettare i due protagonisti nella vita reale.
Mi sorge spontaneo pensare che il personaggio di Zack, presentato come un uomo temprato dalla vita e che, a sua volta, sta lottando per uscire da un futuro misero, forse nella realtà non sarebbe rimasto colpito da una donna priva di autostima e “bisognosa” di un uomo per cambiare.
Molto spesso, infatti, è proprio il criterio dell’autonomia che contraddistingue l’amore dalla dipendenza affettiva: è la circostanza che la persona basti in primis a se stessa che permette di affrontare in modo sano un rapporto con l’altro. Il personaggio di Paula non è indipendente e autonomo, tanto che affida il proprio destino nelle mani di Zack e aspetta di essere salvata.
Ma Paula, come ognuno di noi, non dovrebbe aspettare di essere salvata da nessuno, dovrebbe solo credere in se stessa, avere cura di sé e imparare a concepire l’amore quale completamento e non come unica chance di realizzazione.
In questo modo, forse, avrò un pò guastato la “favola” che questo film rappresenta per molte donne – e non crediate, anch’io mi sono commossa come tutte quando Richard Gere entra nella fabbrica e porta via Paula – ma è altresì evidente che Zack rappresenta ancora l’ideale del principe azzurro che sin da piccole ci hanno insegnato ad attendere e che, in divisa anziché a cavallo, arriva con lo scopo di salvare la donna.
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