Venti anni fa, pochi mesi dopo aver conosciuto quello che sarebbe poi diventato mio marito, mi sono recata in libreria nella speranza di trovare un testo che mi potesse aiutare a capire che cosa stavo vivendo.
Quel giorno sono uscita dal negozio con in mano non un libro qualunque, ma forse la Bibbia della dipendente affettiva. Quel giorno ho comprato “Donne che amano troppo” di Robin Norwood. Avevo 20 anni, non sapevo minimamente che cosa mi stava succedendo ma il mio inconscio era riuscito a guidarmi perfettamente facendomi scegliere un testo davvero su misura per me.
Penso di essere nata Dipendente Affettiva. Da che ho memoria ricordo strane sensazioni legate alla mia infanzia, come un senso di disagio latente, un misto di solitudine e di inadeguatezza rispetto alle persone che mi circondavano. Mi sentivo nessuno, mi consideravo strana.
Non sapevo bene come vivere la mia vita. Venivo spronata a studiare e a dare il meglio di me: l’ho sempre fatto. Nonostante i risultati che ottenevo, mio padre mi ricordava che non dovevo montarmi la testa. Dovevo essere seria ma socievole, avere amiche ma fare la vita sociale che andava bene a loro. Non riuscivo a capire come dovevo districarmi tra tante indicazioni contrastanti e alla fine andavo avanti un pò come un automa.
Quando ho conosciuto lui ero talmente affamata di amore e di attenzioni che aspettavo soltanto di conoscere un uomo pronto a riempirmi di qualcosa di bello. Sapevo che lo avrei conosciuto di lì a poco, me lo sentivo.
Quanto ho maledetto quest’uomo, quanto l’ho amato e odiato convinta che il mio malessere fosse tutta colpa sua. In realtà era già tutto dentro di me e doveva solo uscire fuori. Così è stato. Tutta la mia dipendenza è straripata con enorme prepotenza.
Che cosa è in finale questa dipendenza affettiva? Io la vedo come una rotellina che manca nell’ingranaggio della gestione dei sentimenti e delle emozioni che ognuno di noi possiede.
Questo deficit fa saltare tutto il meccanismo e il risultato è che si passa da protagonisti a vittime della propria vita affettivo-relazionale, si crea una grande confusione, si vive con profonda fatica, si prova un dolore interiore pazzesco, molto difficile da gestire e che può portare alla depressione.
Prima di richiedere un sostegno psicologico ho cercato di aiutarmi un po’ da sola, con delle letture e informandomi su internet. Ma alla fine ho sentito proprio il bisogno di intraprendere un percorso individuale tarato su di me, cui è seguito un percorso di gruppo. Ormai sono due anni che faccio psicoterapia regolarmente e ci è voluto un bel po’ di tempo prima di intravedere dei risultati, ma stanno arrivando e mi danno speranza.
Mi sono sempre chiesta quale fosse lo scopo della mia vita. Pensavo fosse laurearmi, comprarmi una casa, poi fare carriera, poi dedicarmi a mio figlio. Adesso ho capito che lo scopo della mia vita è conoscermi, capire chi sono, che cosa mi piace e cosa no e devo dire che questo impegno mi appassiona parecchio, per me è sempre più importante perché se perdo di vista me stessa ho perso tutto.
Testimonianza di Laura. Ex Dipendente Affettiva
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