Nel precedente articolo abbiamo parlato di Arteterapia “Bellezza Autentica” come percorso di trasformazione per portare Valore e Significato alle vite delle persone, utilizzando come ingrediente principale la creatività, come ambiente i laboratori di Arteterapia e come obiettivo dare forma e voce ai propri vissuti, verità e bisogni.
Con questo articolo approfondiamo il come il lavoro fatto nei laboratori possono liberare l’“espressione di sé” e come questo incontra la Dipendenza Affettiva.
I laboratori di Arteterapia
Per dare forma ai propri bisogni interiori vengono messi a disposizione dei materiali e supporto che vengono scelti in base a quanto si sentono più giusti in quel momento.
I materiali sono elemento vivo e fondamentale di un laboratorio: con le loro svariate caratteristiche e necessità danno la possibilità di ampliare la conoscenza che abbiamo di noi stessi e del nostro modo di relazionarci, regalando spessore e profondità alle nostre esperienze.
L’opera parla di noi: il modo in cui occupiamo lo spazio/foglio, i colori che usiamo, i materiali, il tipo di pennellata e di gestualità che adottiamo, l’opera nella sua complessità e nel suo divenire ci racconta frammenti di noi dotandoli di senso, ce li mostra nella loro autenticità.
L’immagine ha il grande potere di “tenere insieme”.
Ecco allora che le nostre parti più gradevoli possono convivere con le nostre parti più faticose: tutto collabora alla creazione di un’Armonia, di una Bellezza Autentica, regalando un’immagine che a volte arriva là dove le parole non possono arrivare.
L’Arteterapia “contro” la Dipendenza Affettiva
Come dunque possono incontrarsi l’Arteterapia e le donne che vivono una relazione amorosa in squilibrio, asimmetrica, fino a dover parlare di “Dipendenza Affettiva”?
Le persone che soffrono di questo tipo di problematica faticano a contattare il proprio centro, ad ascoltare la propria voce interiore, non esistono se non in funzione dell’altro. Faticano a nutrirsi in modo autonomo, dipendendo sempre da qualcuno di esterno per questo. Il proprio centro, invece che essere nucleo vitale e creativo, centro appunto di sé stesse, viene spesso percepito come un vuoto pauroso da dover assolutamente riempire.
Ebbene, il processo creativo parte proprio da qui: da un vuoto.
Che sia un foglio bianco o un pezzo di creta, dobbiamo necessariamente partire da qualcosa di indefinito, informe, imprimendo la nostra personale energia, la nostra traccia, per dare vita a qualcosa di nuovo, unicamente nostro.
Il processo non è immediato, i materiali ci pongono delle sfide, presentano possibilità ma anche limiti, e con essi è necessario confrontarsi; il processo creativo procede per tentativi, sperimentazioni, errori, talvolta frustrazione, gioie improvvise e scoperte di nuove potenzialità.
Ci consente di mettere in gioco parti di noi che per abitudine o per schemi acquisiti non giochiamo mai e ci scopriamo alla fine a contemplare stupiti aspetti che non conoscevamo, nuovi paesaggi, nuove direzioni.
Nel laboratori di Arteterapia fortifichiamo e rinnoviamo la nostra capacità progettuale, addestriamo la pazienza e la cura per ciò che deve maturare, ritroviamo il coraggio di provare e riprovare.
Quindi… creare per rinascere, più lontani dalla Dipendenza Affettiva
È in tal senso che creare ci dona potere, autodeterminazione, fiducia nelle nostre capacità, resistenza alla frustrazione, resilienza.
Come la Principessa nel libro “La Principessa che aveva fame d’Amore” impara la ricetta del Pane d’Amore fatto di “fiducia in te stessa, capacità di rendersi felice, perdono per gli errori commessi, autenticità”, così il processo creativo insegna che quello che appare come un grande vuoto può diventare uno spazio tutto nostro da esplorare, con noi stesse, nella nostra Bellezza e Autenticità, a far da presenza.
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