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Arte e Terapia

Paura d’amare: non essere ostaggio delle proprie difese

La paura di sbagliare ancora

Non lo può sapere: devo solo fidarsi del suo intuito e di se stessa, confidando nel fatto che stavolta appena scorgerà i segnali per capire che quest’uomo è diverso da quello che appariva, avrà la forza di andarsene e non rimanere in una relazione distruttiva.

In realtà il personaggio di Frankie questa forza non ce l’ha, il passato è stato troppo traumatico ed è dominata dalla paura, ma ha la fortuna di imbattersi in un uomo che non ha intenzione di lasciarsi sfuggire la possibilità di essere felice.

Johnny è stato in carcere e ha pagato duramente i suoi errori, ha perso la sua famiglia e attraverso il dolore ha fatto un percorso interiore che l’ha portato a comprendere il senso della vita. Ora ha dinnanzi a sé una nuova chance di vivere e non si perdonerà di non aver lottato fino in fondo per afferrare la possibilità di amare ed essere amato.

Seppur non giovanissimo, ex carcerato, divorziato, Johnny è un principe azzurro pronto a salvare Frankie da se stessa, a liberala dalla prigione che lei si è costruita da sola.

Paura d’amare, una favola moderna

Considero questo film, una favola moderna, che si conclude sulle note romantiche di Debussy con Al Pacino che rassicura la splendida Michelle Pfeiffer con le parole

“per sempre e malgrado tutto”

Per quanto questa storia a lieto fine voglia trasmettere la speranza che prima o poi la felicità arriverà a bussare alle porte di ognuno di noi, cullarsi nel comportamento iperdifensivo di Frankie sarebbe un gravissimo errore, fonte di frustrazione e tristezza perché il desiderio di felicità, tornerebbe sempre dentro di noi a tormentarci.

Nella società in cui viviamo, dominata dall’egocentrismo e dall’apparenza, ove i rapporti sono sempre più liquidi e vuoti, è necessario e sano avere delle difese per non cadere in balia di persone molto abili a mostrarsi diverse da quelle che sono.

La difficoltà più grande è quella di non cadere nella tentazione di rimanere in ostaggio delle proprie difese, della paura di perdere il controllo della propria vita e finire per interiorizzare la frase “ormai non ci credo più”, chiudendo così per sempre la porta alla felicità.


Curatrice della sezione: Arte e Terapia. Avvocato penalista, appassionata di cinema e affascinata dall’introspezione che attraverso il cinema ognuno di noi può compiere. “Anche nella mia esperienza professionale mi capita spesso di incontrare donne che sono state dipendenti affettive. Si tratta solitamente di donne intelligenti e capaci in diversi settori della vita che, tuttavia non sono state in grado di spezzare legami malati. Certe di non poter vivere senza il proprio carnefice, hanno sopportato per lungo tempo umiliazioni, privazioni e maltrattamenti, convinte che fosse il loro prezzo dell’amore, sino a quando hanno raccolto il coraggio per dire basta ed essere risarcite per quanto subito”.


Un commento
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    fabrizio

    Da celibe, un pensiero su Michelle Pfeiffer l’ho fatto anch’io. Detto questo….è complicato dominare sentimenti e difese. Certo ci sono decisioni e atteggiamenti che potrebbero essere più produttivi di altri, ma non credo che abbiamo troppe scelte. La vita e il nostro modo di vivere ci accompagnano in determinate direzioni e sono il risultato del nostro vissuto. Nulla è ineluttabile e possono accadere e/o possiamo fare in modo che accadano cose che cambiano la nostra vita. Possiamo vivere le esperienze come arricchimento e crescita oppure viverle come monito. Possiamo leggere il suo articolo e trarne utilissime indicazioni e cercare di tradurle in pratica. Possiamo anche imbatterci nell’insegna della ripara bussole, trovare il coraggio per aprire la porta e darci qualche possibilità in più.

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