Abbiamo selezionato tre brani di Patty Pravo per rappresentare la Dipendenza Affettiva.
Infatti, ci rendiamo sempre più conto che se la Dipendenza Affettiva è una patologia diffusa, questo è dovuto anche alle innumerevoli canzoni, film e libri che continuano ad alimentarla. Proponendola come qualcosa di “normale”.
Soffermandoci sui testi dei tre brani che vi proporremo, analizzeremo come il messaggio proposto può invece ispirare l’ascoltatore, offrendo nuove possibilità e illuminando positivamente una situazione che sembrava unicamente dolorosa.
I brani che abbiamo scelto sono i seguenti, e, per ognuno, svilupperemo un’argomentazione pertinente alla Dipendenza Affettiva.
- SE PERDO TE, 1970 – Paura dell’abbandono
- RAGAZZO TRISTE, 1967 – L’isolamento come unica soluzione
- LA BAMBOLA, 1968 – Io sono speciale e merito amore
“Se perdo te”, la paura dell’abbandono
“Se perdo te” è un brano che racconta la storia di una ragazza che vive nel terrore di perdere la persona amata.
Il pensiero di perdere questo ragazzo la annienta a tal punto che ella non sa se potrà continuare a vivere senza.
Paura dell’abbandono: realtà o paranoia?
Il tema portante di questa canzone è la paura dell’abbandono.
La protagonista inizia a pensare, senza un valido motivo, all’ipotesi di perdere la persona amata,
“Se perdo te, cosa farò, io non so più restare sola”
La paura della solitune bussa alla sua porta è lei non riesce a gestire quest’emozione che inizia a crescere fino a farla quasi impazzire, portandola in un vorticoso delirio, nel quale lei già immagina di trovarsi nella situazione conclusiva del rapporto
“Ma ora insegnami, se lo vuoi tu, a lasciarti, a non amarti più”
Si tratta di un pensiero intimo e non di uno scambio concreto con la persona in questione, quindi una paranoia che lei mette in atto per spaventarsi da sola. In questo modo le sue attenzioni sono rivolte alla paura di essere abbandonata invece che al suo vuoto interiore.
C’è una frase portante di questo brano che ha attratto la nostra attenzione in modo particolare
“Ti cercherò e piangerò, come un bambino che ha paura”
La frase è davvero pertinente al tema della Dipendenza Affettiva, poiché mostra come la protagonista è certo, fisicamente, una giovane donna, ma emotivamente, si trova ancora in uno stato infantile, nel quale non sa prendersi cura di sé ed attende di ricevere, da parte della persona amata, quelle attenzioni che, probabilmente, le sono mancate durante l’infanzia.
In ultimo, la canzone “Se perdo te”, mostra un atteggiamento tipico del dipendente affettivo: rinfacciare all’altro di avergli dato tutto se stesso senza ricevere nulla in cambio
“Hai voluto la mia vita, ecco ti appartiene”
Ci troviamo di fronte ad un ricatto affettivo, una vera e propria manipolazione che nasce dalla paura di essere abbandonati. Questo timore fa credere alla protagonista che, se amerà completamente l’altro, lui non la lascerà mai.
In questi casi, il dono completo di sé, diventa pericoloso, perché non è dettato da un vero desiderio di generosità, quanto piuttosto dal desiderio di controllare l’altro. Infatti, facendolo sentire in colpa, poiché si è dedicata interamente la propria esistenza a lui/lei e ai suoi bisogni, se lui/lei ci abbandona, è una persona cattiva.
Il primo passo potrebbe essere dunque quello di recupare i propri spazi sacri e personali, in maniera da poter offrire all’altro un amore autentico e non tutto il nostro tempo e le nostre attenzioni, con l’illusione di essere perfetti ai suoi occhi e di meritare al 100% l’amore.
“Ragazzo Triste”, l’isolamento come unica soluzione
La canzone “Ragazzo triste” parla di una ragazza che parlando con un altro ragazzo, gli dimostra empatia per quel suo sentirsi solo.
Il senso di solitudine nasce da quel sentirsi diversi, in quanto esseri sensibili, fragili, che sognano e che piangono.
La canzone si conclude con una frase esortativa
“Non dobbiamo star soli mai”
andiamo a vedere perché.
Isolamento come protezione – Il mito dell’eremita nella torre d’avorio
La canzone “Ragazzo triste” ha un testo ricchissimo dal punto di vista della tematica della Dipendenza Affettiva.
Infatti, il dipendente affettivo è un individuo sensibile, fragile, che non è stato amato debitamente, quando era piccolo.
Questo scompenso emotivo lo porta poi a cercare, da grande, quell’amore che non ha ricevuto, nel rapporto di coppia. Alcuni invece, per difendersi dal soffrire ancora, si chiudono, scegliendo la solitudine come protezione e via di fuga dal vivere veramente la vita.
“Ragazzo triste come me… non c’è nessuno che ti aspetta mai perché non sanno come sei”
Questa frase ci fa comprendere che quando la persona si chiude in una torre d’avorio, diventa impossibile per gli altri raggiungerla, comprenderla e quindi amarla.
“Tanti son soli come me e te, ma un giorno spero cambiera”
La protagonista porta con sé un messaggio di speranza, forse riuscendo a selezionare persone che hanno lo stesso tipo di sensibilità, diventa più semplice comunicare. Raccontarsi agli altri e condividere le proprie ombre e paure, alleggerndo il carico emotivo che ogni giorno trasportiamo sulle spalle.
Il coraggio di sbagliare: per sbagliare bisogna osare
Per quanto si sa, la solitudine, ovvero il tempo che si passa da soli, è un momento prezioso e fecondo (dal punto di vista intellettuale, fisico e spirituale), se portato all’eccesso diventa chiusura ed esilio.
L’esilio è una forma di protezione che ci preclude la possibilità di vivere appieno la vita.
Infatti, per poter vivere in modo soddisfacente, se stessi, l’amore e le relazioni in generale, occorre avere il coraggio di osare, il coraggio di prendere decisioni e quindi di sbagliare. Abbandonare l’idea di voler essere perfetti, amabili e quindi meritevoli di amore.
E ricordare sempre: una persona che ci ama davvero, ci ama con tutti i nostri difetti.
“La Bambola”, io sono speciale e merito amore
Sul filone di quanto detto in precedenza, ovvero, chi ci ama davvero ama anche i nostri difetti, ci agganciamo al prossimo brano, “La Bambola”.
“La Bambola”, brano del 1968, periodo di rivoluzione sessuale e sociale, è un primo grido di libertà da parte delle donne. Uno dei primi “no”. Un primo timido passo verso la ricerca dell’autonomia e dell’amore di sé.
Nel contesto storico di quegli anni, la Donna era prima di tutto moglie. Il fatto di poter rifiutare un ragazzo che non la rispetta, è già di per sé una rivoluzione, in quanto all’epoca il peggiore destino di una donna era diventare zitella. Si può dunque immaginare quanto fosse grave rifiutare le attenzioni di un ragazzo.
La canzone “La Bambola” parla dunque di una giovane donna che si rende conto di essere nelle mani di un ragazzo, di esserne vittima
“Tu mi fai girar, come fossi una bambola, […] poi mi butti giù […] non ti accorgi quando piango, quando sono triste e stanca, tu pensi solo per te”
Riesce così a comprendere che lui non la ama, e, volendo evitare di soffrire ancora, sceglie di amare se stessa
“No ragazzo no, tu non mi metterai fra le dieci bambole che non ti piacciono più”
La svolta come scelta: amare se stessa
Nel brano “La Bambola” ci troviamo di fronte ad una svolta decisiva nella vita della dipendente affettiva, scegliere di amarsi. Il passo è importantissimo, e non è privo di rischi, la solitudine è all’angolo.
Ma come dice l’antico proverbio, meglio soli che mal accompagnati, lei decide di iniziare questo nuovo cammino.
Spesso, quando rimettiamo agli altri, la valutazione della nostra persona, perdiamo il nostro centro, la consapevolezza di chi siamo veramente. La protagonista della canzone, per un tempo ha lasciato che lui la usasse “Tu mi fai girar, come fossi una bambola”, è stata in balia di lui, dimenticanto completamente i propri bisogni e il proprio valore.
“No ragazzo no, del mio amore non ridere, non ci gioco più quando giochi tu, sai far male da piangere”
Ci troviamo di fronte ad un amore sbilanciato, nel quale lei offre se stessa ma lui non sa apprezzarla, ma non solo, il suo è un amore briciola.
La scelta coraggiosa della protagonista è quella di scegliere di rinunciare ad un amore che la fa soffrire.
Da questo punto, la dipendente affettiva può ripartire, iniziando a volersi bene e a guardarsi con tenerezza, offrendosi da sola quelle cure e quelle attenzioni che durante l’infanzia sono venute meno.
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