Qualche tempo fa, girovagando tra gli scaffali della biblioteca, mi sono imbattuta in questo albo illustrato, a mio avviso estremamente ironico: “Biancaneve e i 77 nani” di Davide Calì e Raphaëlle Barbanègre (Edizioni Giralangolo). Mi ci sono ritrovata, l’ho sentito autentico e sincero: è un albo che fa parte della collana Sottosopra che racchiude testi illustrati dedicati all’identità di genere e al superamento degli stereotipi. È un inno al rispetto, alla dignità ed alla libertà, punti di partenza per una vita serena e gratificante.
Quando l’ho letto mi sono detta: “Io voglio per me questo finale!”
Il declino della “povera” Biancaneve
“C’era una volta, da qualche parte del bosco, una fanciulla di nome Biancaneve che fuggiva da una strega cattiva”.
Davide Calì descrive una Biancaneve che assomiglia ben poco a quella della fiaba classica che conosciamo, ma che di sicuro si avvicina molto alla realtà che parecchie di noi vivono.
Raphaëlle Barbanègre illustra in maniera esemplare il declino di una “povera” Biancaneve, che è quello di ognuna di noi, se ci lasciamo pervadere dal virus dell’annullamento e dell’autocommiserazione.
È una notte di luna piena e Biancaneve sta correndo trafelata dentro al bosco per cercare di scappare da una terribile strega che la sta inseguendo. Si trova al buio, in un luogo oscuro, con occhi che la osservano, ombre che la inseguono: è spaventata. Ma finalmente, in lontananza, intravede delle piccole luci: sono quelle di una casetta.
Nella vita c’è sempre una “strega cattiva” dalla quale fuggire, un’esperienza che ci ha fatto male, magari una famiglia non proprio amorevole o qualcosa che non vogliamo vedere per paura.
E c’è sempre, nel bosco, una casetta, un rifugio, dove poterci ristorare, o dove pensiamo di poterci ristorare. In questa storia, nella casetta abitano ben 77 nani, apparentemente affabili e disponibili,che le offrono ospitalità e protezione in cambio di “qualche” aiuto in casa.
“Puoi rimanere qui quanto vuoi”, dissero i nani, molto gentili. “In cambio potresti darci una mano a tenere un pò di ordine?”
“Quei nani hanno proprio bisogno del mio aiuto per migliorare la loro condizione e sono così gentili” pensa Biancaneve
E così decide di restare, non ascoltando la sua bussola che le fa subito notare la complessità della sua scelta.
La “mission impossible”… una ghiotta occasione
Biancaneve decide di lanciarsi nella “missione impossibile”. E come potrebbero persone come le dipendenti affettive non cogliere un’occasione tanto ghiotta? Prendersi cura di ben 77 nani in una volta: un’impresa decisamente grandiosa e degna proprio di una brava ragazza!
Ma poi comincia a fare i conti con la realtà: ad esempio ricordarsi i nomi di tutti, ovviamente improbabili e impossibili, tutte le sere pettinare 77 barbe, raccontare 77 favole della buonanotte (tutte diverse), preparare colazioni, pranzi e cene, lavare piatti, fare il bucato.
E tutto questo senza sosta e senza nessuno che le dia una mano.
Per Biancaneve l’ospitalità e la promessa fatta ai nani, sì gentili, ma anche (e soprattutto) esigenti, impazienti, disordinati, sporchi, litigiosi e rumorosi, si rivela più impegnativa del previsto.
Non c’è tempo per le torte e per i divertimenti. Biancaneve, fuggita dalla strega, piomba in un altro incubo (da lei nuovamente creato).
Il risveglio
E di lì a poco, cosa ne è rimasto della bella e sorridente fanciulla che era entrata nella casa dei nani?
C’è poco da stare allegre: Biancaneve si lascia travolgere da profonde occhiaie, schiava delle pretese dei nani e profondamente infelice. Non ha tempo per lei, lavora continuamente e paga il prezzo delle sue debolezze e del non voler affrontare da sola le sue paure molto caro.
La paura della solitudine ci “consente” di reggere situazioni difficilissime prima di porvi fine. La dipendente ama la sofferenza: è ciò di cui si è sempre nutrita ed è pertanto un cibo conosciuto che la porta ad accettare condizioni di sudditanza assoluta prima di reagire.
Ma finalmente qualcosa in Biancaneve si risveglia e la porta a uscire dall’incantesimo.
“Biancaneve ne ebbe abbastanza. Così decise di lasciare la casetta dei sette nani per tornare nel bosco. E pazienza se rischiava di incontrare di nuovo la strega”.
Quando decidiamo di compiere la vera svolta nella nostra vita, siamo disposte ad accettare tutto quello che ci aspetta, senza paura. Ne abbiamo talmente abbastanza da non poter più procrastinare la decisione: il finale della nostra storia deve essere diverso, dobbiamo darci un nuovo finale. Siamo pronte a percorrere il sentiero della verità, ad affrontare il bosco e tutto quello che racchiude.
Darsi un nuovo finale… come questa Biancaneve!
E la nostra protagonista, in effetti, incontra nuovamente la strega.
Ma la sua reazione, in questa storia, non è quella di rifiutare la mela avvelenata ma, anzi, di accettarne due!
La scelta resta sempre a NOI. Possiamo scegliere se portare la nostra vita in salvo, e magari concederci un pò di riposo (dopo tante fatiche), oppure continuare a vivere nel sacrificio totale.
Tutto è frutto della nostra responsabilità.
Sentire la vita nelle proprie mani, governarla secondo le proprie convinzioni, sentirsi alla guida degli avvenimenti, energiche e leggere: queste sono le sensazioni di chi decide di essere sé stessa.
Smettiamola quindi di privarci del nostro tempo libero e concepire progetti grandiosi per il futuro. E godiamoci la vita, facendo ciò che amiamo, nella gioia e nel divertimento.
Questa storia finisce diversamente, col sapore della dignità e della libertà.
“Adesso, da qualche parte del bosco, una fanciulla di nome Biancaneve dorme in attesa di un bel principe che la svegli con un ba…anzi NO!”
Come ci ricorda Osvaldo Poli nel libro “La mia vita senza di me”
“Il mantra che chiama la leggerezza consiste nel ripetersi “non importa” varcando la soglia, ormai troppo piccola, delle proprie paure”.
Attività: scegli la tua fiaba e il tuo finale
Tutti noi nella nostra infanzia abbiamo sentito raccontare fiabe. Di alcune delle più famose abbiamo anche visto i film di animazione.
Quale è la storia che più ci rappresenta? Quella che ci emozionava da piccole?
È interessante rifletterci perché essa rappresenta la programmazione che abbiamo dentro di noi, derivata da tanti fattori, famigliari, sociali, religiosi.
Ora pensiamo a cosa possiamo cambiare nel presente. Quale finale vorremmo della nostra storia preferita? Scriviamolo.
Già scriverlo è proiettare un diverso schema, cominciare a famigliarizzare con qualcosa di migliore per noi. Dettagliamo la nostra storia con particolari buffi, assurdi, fantasiosi, improbabili, per sorridere di noi stesse e divertirci.
Ricordiamoci sempre che ognuno di noi merita il meglio e se vogliamo possiamo trasformare la nostra vita!
E solo così… vissero per sempre felici e contente!
Guido
leggerti è un'opportunità. Farlo per caso è piacevole. Farlo per scelta è più difficile. Troppo spesso è necessario.