Questo articolo parla di un bambino, che soprannominiamo il “nostro piccolo eroe”, che in un viaggio difficile come quello che ha dovuto affrontare, ha saputo insegnare a tutta la sua famiglia che dallo sconforto si può trarre beneficio, e se lo utilizziamo per “metterci in ascolto” per stare vicino a chi soffre, non solo abbiamo veramente aiutato qualcuno, ma abbiamo veramente imparato cosa è l’empatia.
L’inizio del pesante viaggio del “nostro piccolo eroe”
Sono ormai passati 5 anni da quel maledetto giorno: un giovedì qualunque, un giovedì che noi non dimenticheremo. Il giorno che iniziò per “il nostro piccolo eroe” iniziò la sua battaglia…
Perché capita, a volte, proprio quando tutto sembra andare per il meglio, quando la vita ti sembra “perfetta”, quando le difficoltà sono ormai un ricordo e le fatiche hanno dato frutti meravigliosi, che il mondo ti crolli addosso. Perché la vita ogni tanto ti mette di fronte a sfide che credi impossibili e cercare di darsi delle risposte è impensabile.
Così mi ritrovo a raccontare una storia personale che ha come protagonista un bambino di due anni e la sua famiglia; la Nostra Grande Famiglia che si è rialzata più forte di prima con la consapevolezza che insieme “è tutto più semplice”.
Di punto in bianco, ci ritrovammo a partire per un viaggio pesante e con un bagaglio vuoto! Non sapevamo quanto sarebbe durato e non avremmo mai immaginato cosa avremmo visto e vissuto, chi avremmo incontrato, conosciuto e quanto emotivamente avremmo dovuto lasciarci andare per elaborare la situazione.
Dallo smarrimento al bisogno di essere compreso
Era spaventato, irrequieto e nervoso e non potevamo spiegare tecnicamente a lui ciò era successo e che successivamente avrebbe vissuto.
Nella nostra famiglia sono entrati a far parte termini incomprensibili, minuti interminabili, lacrime incolmabili e notti insonni.
Camici bianchi, flebo, disinfettanti, esami entrarono prepotenti a scombussolare la quiete.
Avevamo paura. Eravamo arrabbiati e smarriti.
Ma, dopo questi primi giorni difficili e dopo aver preso davvero coscienza di ciò che stavamo vivendo ci siamo resi conto di quanto fosse importante supportarci a vicenda, di quanto fossimo potenti insieme, pronti a dare anche solo uno spicchio di tempo libero per alleggerire le giornate.
Ognuno con le proprie disponibilità e tendenze ci siamo messi in gioco!
Il “nostro piccolo eroe” aveva bisogno di tutti noi, di vederci sereni e fiduciosi; aveva bisogno di “essere preso per mano e accompagnato” con quella spensieratezza che dovrebbe godere un bambino di due anni, età in cui si iniziano ad assaporare le prime esperienze.
Così, il nostro viaggio prese un’altra piega. Fu chiaro, fin da subito, che lo sconforto doveva esserci! Avevamo bisogno di toccarlo, di viverlo e sfidarlo ma era necessario tenerlo lontano da Lui.
Mamma e papà erano i capitani di questo viaggio e come su una nave ci sono i capitani di classi inferiori che danno un cambio quando serve, lo stesso è stato per noi.
C’era chi stirava, chi teneva le sorelline piccole a casa, chi puliva, chi faceva la spesa e chi faceva i turni in ospedale…
I mesi successivi trascorsero come fosse un gioco.
Un peluche accompagnava in ogni istante il protagonista di questa avventura, faceva le sue medesime attività (dalla fisioterapia, alla “foto”, al cerotto in testa…), i camici bianchi scherzavano insieme a noi, ogni giorno conoscevano nuovi bimbi, ragazzi, adulti e la sala d’attesa dell’ospedale era diventata un parco divertimento per giocare a nascondino e ingannare i tempi di attesa.
Le risate e la gioia avevano, in parte, ripreso il loro posto. Avevamo imparato ad essere felici per la minima cosa!
Piano piano, arrivammo alla meta. Il nostro viaggio, iniziato i primi giorni di primavera, finì verso la fine dell’estate, con una grande festa.
Quel bagaglio inizialmente vuoto non poteva più essere chiuso dalla quantità di emozioni ed esperienze vissute che tutt’ora sono presenti in ognuno di Noi e di cui facciamo tesoro.
L’importanza dell’empatia per capire i bisogni dell’altro
Una presa di coscienza soprattutto riguardo l’importanza di liberarsi da ciò che “pesa” dentro e di chiedere aiuto.
Concedersi di toccare fino in fondo la tristezza e di esprimerla alle persone accanto, ha consentito di lasciar andare il dolore ritrovando inaspettate energie e la voglia di lottare e di sperare ancora…
La comprensione reciproca, meglio chiamata empatia, ha costruito un ponte che ha unito fortemente le nostre vite rendendoci più capaci di capire i bisogni dell’altro e di superare la sofferenza. E che solo grazie all’empatia, possiamo veramente capire i bisogni dell’altro.
E il nostro piccolo eroe… forse ha imparato da noi che non serve scappare da ciò che spaventa ma che, solo ascoltando nel profondo ciò che sentiamo, possiamo trovare il coraggio di affrontare le inaspettate sfide della vita.
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