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Fili: Il legame tra Madre e Figlio

In questo articolo voglio parlarvi del legame tra Madre e Figlio, utilizzando una chiave di lettura dell’albo illustrato “Fili” di Torill Kove (regista e animatore canadese), in cui racconta il legame che unisce una madre al proprio figlio, attraverso l’immagine del filo.

Il filo del significato della parla “Madre”

Nell’albo “Fili”, l’autrice ci dice che se guardiamo attentamente scopriamo che sono centinaia i fili che possiamo afferrare, basta solo avere il coraggio di aggrapparci ad essi e la volontà di vedere fin dove ci conducono.

Il filo che scegliamo ci indica la strada da percorrere per la realizzazione dei nostri desideri, seguendo strade differenti, uniche…le nostre.


Il filo che ha deciso di seguire la protagonista la condurrà alla scoperta del significato della parola “Mamma”, legandola indissolubilmente alla bambina che troverà all’altra estremità.

Attraverso la cura, il calore, il gioco e l’attenzione questi due personaggi  crescono, strutturando in modo sano il loro rapporto.

La consapevolezza del legame, assicurato da questo contatto solido e di reciproca fiducia, permette infatti alla piccola di sperimentarsi,  scoprire il mondo, allacciare nuovi rapporti, differenziarsi dalla madre e diventare adulta, pronta a intraprendere il proprio personale cammino. 

Nel medesimo tempo permetterà alla madre di sentirsi un solido ancoraggio per la figlia, un porto sicuro da cui tornare quando lo si desidera, ma dal quale non è un problema allontanarsi. 

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Non sempre il filo tra madre e figlio è resistente

 Ma cosa accade quando questo filo si aggroviglia, stringe troppo o al contrario  distanzia enormemente i due personaggi alle sue estremità? O ancora comincia a sfilacciarsi diventando sempre più debole? 

Il figlio in questi casi non sente di potersi affacciare al mondo in tutta sicurezza, lo percepisce come pericoloso per sé e per il proprio legame, che rischia di aggrovigliarsi sempre più o addirittura di spezzarsi.

Essere madre nonostante tutto

 Il mandato materno non è per niente semplice, la cura e l’accudimento di un piccolo richiedono un’estrema forza, energia, ma soprattutto la consapevolezza che il bambino di cui ci si prende cura è un’individuo unico e non un prolungamento di se stessi. 

La madre prima di qualsiasi altra cosa è una persona, porta quindi con sé le proprie fragilità, paure, faglie, il proprio vissuto. Quando quest’ultima si trova a vivere suo malgrado un periodo di profondo tormento interiore, fatica, sofferenza, il mandato genitoriale diventa l’ennesimo enorme carico da gestire con grandi sforzi. 

La cura di sé è la cura d’altri

Quando è il genitore a non sentirsi stabile, accolto, al sicuro, quando è lui stesso a non amarsi e a non sentirsi amato allora prendersi cura dell’altro in modo sano diventa una missione ardua. 

Aver cura di sé è il primo passo verso la possibilità di una buona presa in carico dell’altro. 

Se il filo che si snoda tra le nostre mani presenta delle smagliature è nostra responsabilità porne rimedio, con gli strumenti che sono necessari, affinché si ristabilisca un buon grado di ancoraggio a se stessi. 

Una volta che la tenuta è sicura allora anche migliorare e modificare la trama del tessuto di ogni legame che ci caratterizza diviene più facile e in questo modo, grazie ad una buona volontà, si possono anche scoprire nuove e meravigliose texture!

Gloria Piccinini: Tirocinante post laurea presso Dipendiamo- Centro per la cura delle New Addiction.Ho conseguito la Laurea Magistrale in Psicologia Clinica all’Università degli Studi di Bergamo. Tra le mie esperienze lavorative più significative: Tutor DSA/ADHD, servizio civile all’interno di una comunità psichiatrica di media protezione.
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