Attaccamento, sessualità, cura costituiscono la base su cui intessiamo il nostro modo di stare nella relazione a due, partendo da quella mappa di affetto e legami vissuti, da bambine, nella nostra famiglia d’origine.
Quanto più abbiamo imparato a camminare su un terreno stabile, tanto più riusciremo, da adulte, a vivere relazioni connotate da equilibrio, curiosità di esplorare nuove realtà relazionali, libertà di esprimere la propria sessualità, in una danza a due, chiara e soprattutto reciproca.
Ma cosa accade quando, invece la nostra base è stata costellata da sali e scendi, pieni e vuoti, dinamiche in cui abbiamo dovuto barattare i nostri bisogni, in cambio di visibilità e attenzione da parte dei nostri genitori? Cosa accade quando i problemi altrui hanno preso il sopravvento, quando siamo state “brave bambine” indispensabili per macigni più grandi di noi che ci hanno viste dispensatrici di energia ed impegno?
Molto spesso accade che quelle bambine trasparenti, da adulte, attiveranno la stessa modalità affannosa di stare in relazione con un partner, sentiranno di dover “fare”, donando forza e impegno, nella speranza e nell’attesa di essere viste.
È proprio il sentimento di insicurezza che la donna adulta vive, in seguito ad un attaccamento patologico, a dare il via a quell’angoscia legata al senso di precarietà su cui si muove la relazione; emozioni contrastanti, bisogno dell’altro, e al tempo stesso rabbia, frustrazione, senso di colpa, incapacità di comunicare in modo autentico le proprie esigenze, il proprio pensiero, il proprio dissenso.
Come gestisce, la dipendente affettiva, questo mondo emotivo così intenso, contrastante, faticoso?
Agendo! Attuando tutti quei comportamenti che sedano la paura di perdere l’altro, azzerando distanze, colmando voragini, mettendo a tacere quell’ansia di abbandono e vuoto che conosce fin troppo bene.
E proprio qui, in una tale cornice, la sessualità riveste un ruolo fondamentale.
Il mezzo che lega, che consente di sentire l’altro ed il potere sull’altro.
Il mondo erotico vissuto è strumentalizzato, non solo per la ricerca di forti sensazioni, quanto per abbassare il livello di tensione, lasciando il posto all’illusione del legame eterno, vissuto in quel momento. Ed è proprio per dar vita a questa illusione di esclusività, che la dipendente affettiva concede il suo corpo, desiderosa di vedere, nella soddisfazione del piacere altrui, il suo più grande sogno compiuto.
Scambia richieste dell’altro per promesse d’amore, fa suoi desideri che in realtà le sono estranei, mette in scena tutto ciò che è a sua disposizione, pur di sentirsi appagata e ‘felice’, pur di sentirsi protagonista di un Amore tanto anelato.
Attraverso il corpo si sperimenta la sensazione di esistere. Il momento concreto, vissuto, prende il sopravvento, ci si sente protagoniste assolute, della propria esistenza vissuta attraverso lo sguardo ed il corpo dell’altro.
Una sessualità di quantità più che di qualità
Troppo spesso, infatti, il tempo concesso dal partner della dipendente affettiva è fatto di briciole, con orologio alla mano, e dura tanto quanto uno schiocco di dita.
Un partner sfuggente, evitante che di duraturo, probabilmente, non vuole assolutamente niente. Ma alla dipendente affettiva che, ha aspettato quel momento per troppo tempo, sembra andar bene così.
Quella parentesi rappresenta una pausa dagli affanni della rincorsa, dall’attesa, dal controllo. È il “pit stop” che le concede di ricaricarsi, fornire altra energia al sogno di un amore eterno, che di eterno non ha nulla.
Ed attraverso la sessualità così intensamente cercata e vissuta, si nutre un circuito tossico che non tarderà a presentare il conto.
Sensazioni forti confondono ed annebbiano la percezione di ciò che fa bene al cuore e al corpo. Quest’ultimo viene utilizzato per sedare quell’astinenza tanto fastidiosa ed insidiosa, quella tensione, quel buco allo stomaco che la distanza dall’altro procura. Ma si tratta solo di un palliativo.
A stretto giro, pensieri, fissazioni, angosce prenderanno nuovamente il sopravvento, chiudendo il mondo della dipendente affettiva, in una strada senza uscita.
Sessualità & Amore a servizio di un vuoto interiore che logora e consuma
Tanta sofferenza in questo modo di esistere e vivere l’altro.
È davvero una storia il cui finale sembra già scritto?
Tutte le donne che vivono queste forme di relazioni posseggono una “chiave” che è la capacità d’amare. Ciò che sbagliano è la scelta dei destinatari di questo sentimento.
Cambiare rotta è possibile. Imparare a guardarsi allo specchio, riconoscendo una propria identità, a prescindere dall’altro, è il primo passo per modificare l’epilogo della propria storia. Il cuore, il corpo sono veicoli di messaggi preziosi che, troppo spesso, la dipendente affettiva, non ascolta, perché troppo attenta ad inseguire e non perdere l’altro.
Fermarsi, imparare ad ascoltarsi, dar voce proprio a quel vuoto da cui si cerca di fuggire, rappresentano una risorsa preziosa che tutte le donne sono in grado di utilizzare.
Se si è così brave a riempire d’amore la vita altrui, sicuramente, si è capaci di dirigere questo sentimento verso sé; facendo luce, proprio su quelle parti così vulnerabili, che tanto hanno da raccontare.
Diventare consapevoli del proprio corpo, di quelle informazioni che, quotidianamente fornisce, permette di accedere ad una sfera sessuale più ricca e soddisfacente, ad una più piena conoscenza di sé.
Il cuore utilizza il corpo per parlarci. Forse è arrivato il momento di smettere di ‘ubriacarsi’, perché ciò che possiamo capire di noi, è il più grande insegnamento d’amore che possiamo imparare.
È il primo passo. Quello più difficile, probabilmente, ma apre la strada verso orizzonti di sorrisi autentici.
Maria
Bellissimo blog dove prendere spunto, complimenti