Credi di essere stata vittima di una relazione tossica? Allora questo breve articolo potrebbe interessarti. Non sei sola, può essere capitato a molte persone di essere state vittime di relazioni abusanti o ancora vittime di manipolazione.
Perché cadiamo nella trappola delle relazioni tossiche?
Questo accade anche perché le relazioni tossiche non si configurano immediatamente come tali, ma si compongono di una prima fase in cui si sperimentano emozioni intense e coinvolgenti ad una seconda dove il partner, sicuro di aver conquistato l’affetto della vittima, inizia a divenire freddo e disinteressato, lasciando lo spazio alla vittima di costruire l’illusione per cui se continuerà ad aumentare la qualità del suo amore per il partner, potrà tornare a vivere la magia dello stadio iniziale.
Così si pongono le basi per un cortocircuito fatto di illusioni e false credenze.
L’amore non è potenziale ma reale.
L’amore non è la convivenza tra due solitudini, ma l’accostarsi di due identità.
L’amore non è sofferenza ne magia, ma il desiderio di scegliersi ogni giorno.
L’amore non è fatto di ma e se, ma di nonostante.
L’amore non è perfetto, ma la sommatoria di molteplici imperfezioni.
L’amore non è annullarsi, ma ritrovarsi.
L’amore non è perdere ne vincere, ma smettere di giocare per vivere insieme.
L’amore non sono le passioni incompiute che fanno rimanere giovani, ma i sentimenti esperiti che fanno invecchiare insieme.
L’amore non sono solo cocktail di emozioni fugaci, ma ogni più piccola sfumatura di sentimento. L’amore sono parole espresse, non silenzi gridati.
L’amore è vivere di amore, non la richiesta che lui viva per te.
Ovviamente è molto importante anzitutto riconoscere i confini e i parametri per definire delle relazioni come tossiche, ma una volta riconosciute è possibile definirle come esperienze traumatiche perché, come ogni trauma, non consentono una sana maturazione di sé e della relazione stessa.
Definire una relazione tossica e dipendente
Definisco abusante e tossica una relazione con un partner narcisista, ad esempio, poiché egli non cerca nella relazione l’altro, ma si serve dell’altro per ottenere una mera realizzazione di se stesso; in questo nucleo nascosto si esprime l’oggettivazione e la strumentalizzazione della vittima.
La vittima al tempo stesso in questa relazione abusa delle sue stesse forze per restare ancorata ad una relazione dolorosa, cercando di vincere una battaglia che verosimilmente aveva già perso durante gli anni della crescita: quella di farsi amare da chi avrebbe dovuto in quel momento farlo.
Chiunque può cadere nella trappola di relazioni tossiche e anche l’autostima più forte può uscirne distrutta o indebolita, di frequente chi cade ripetutamente in queste relazioni è un soggetto con spiccata sindrome abbandonica o che ha un profilo maggiormente dipendente e questi sono i casi in cui è sempre utile richiedere una terapia psicologica per poter guarire le ferite nascoste da cui originano le scelte drammatiche di relazioni disfunzionali.
Nelle relazioni tossiche, le emozioni che la vittima sperimenta sono spesso in contrasto tra loro, si passa dalla percezione di essere profondamente onnipotenti a quella di essere “scartabili” e svalutati profondamente, questo movimento spesso repentino, rinforza il legame traumatico perché alimenta il desiderio della vittima di ritornare allo stadio esperito della “luna di miele” della relazione, fino ad innescare una relazione di dipendenza, la cui rottura può essere vissuta come un fortissimo fallimento da parte della vittima.
Conseguenze delle relazioni tossiche: dalla dissonanza cognitiva alla distruzione dell’autostima
La vittima di manipolazione quindi, a furia di concentrarsi sul suo obiettivo impossibile, finisce per alterare il senso della realtà nonché le sue percezioni di sacrificio e tolleranza fino ad arrivare a confondere l’amore con il dolore che prova, nella sfida che ingaggia inconsapevolmente con se stessa.
La vittima si sente in balia delle montagne russe poiché non esistono punti fermi nella relazione con il suo partner e questo la induce spesso, pur di salvare se stessa e il sacrificio intrapreso, a negare la realtà convincendosi che il partner abusante sia in realtà un ottimo amante.
Questo è noto come fenomeno dell’idealizzazione, persuadendosi spesso persino di essere sbagliata (dissonanza cognitiva).
Questo tipo di relazioni sono davvero distruttive perché portano ad azzerare l’amor proprio nel caso della vittima e a ridurre in brandelli l’autostima insieme alla capacità di alimentarla e tutelarla.
La vittima in queste relazioni infatti sperimenterà un fortissimo senso di vuoto e di nullità, spesso accompagnati da sensi di colpa seppur immotivati.
Questi sono alcuni dei segnali grazie ai quali si può riconoscere di esser stati vittime di relazioni tossiche oltre alla sperimentazione di un rimugino costante mescolato alla ricerca di un senso legato agli accadimenti che la vittima non finirà mai di cercare poiché non esiste se non all’interno di un inquadramento diagnostico dell’abusante come tale.
Come evitarle? Lavorare sull’autostima.
Diviene fondamentale quindi, per evitare di cadere in queste trappole, lavorare per il mantenimento di una solida autostima e di un sano amor proprio, antidoti miracolosi alle relazioni tossiche.
Se a volte ti capita di non sentire di aver buone qualità, di non avere strumenti per essere orgoglioso di te, di non essere soddisfatto di te stesso, di non avere un atteggiamento positivo verso te stesso o addirittura ti capita di non sentirti una buona persona, diviene fondamentale lavorare sull’autostima.
Amarsi infatti diventa il mezzo per imparare a scegliere un partner con cui avere una relazione sana e felice e per tornare a sentire il battito calmo del tuo cuore.
Un consiglio? Presto! Procurati carta e penna e scrivi una lettera alla tua autostima calpestata e ricordati che perdonarsi è il primo passo per abbracciare le proprie debolezze e orientarsi in una vita autentica, fatta anche di errori ma soprattutto della possibilità di crescere e maturare proprio tramite essi.
Ecco un esempio di lettera da cui puoi trarre spunto.
Cara autostima,
Ero immerso nel mio sonno e non volevo saperne di svegliarmi;
solo ora che non mi sembra tutto sbagliato quello che ho sbagliato, ho il coraggio di scriverti, perché so che ti ho fatto molto male mentre mi ostinavo a cancellarti con l’Uniposca nero, raccontandomi l’unica verità per me fino ad allora sopportabile.
Ti ho calpestata ogni volta che cercavo una validazione emotiva esterna a me stesso, ogni volta in cui non sentivo che le mie emozioni potessero essere semplicemente legittime e cercavo una conferma della giustezza di ciò che provavo nelle parole degli altri, di qualcuno che purtroppo non eri mai tu.
Ti ho nascosta fino praticamente a perderti ogni volta che cercavo approvazione perché sentivo che non potevo fidarmi di te, ogni volta che compiacevo qualcuno perché non sapevo che tu mi appartenevi e celavo a me stesso il bisogno di proteggere anche te oltre che le mie giganti paure.
Cara autostima, ti ho rinnegata ogni volta che non ho messo dei limiti alla mia sofferenza, dei confini sani alla mia vita e non ho dato voce piena e spessa ai tuoi suggerimenti.
Tu volevi guidarmi verso la felicità ma io prepotentemente ho preso in mano il volante senza farti mai guidare.
Ti ho mortificata perdendo tempo a contemplare solo il passato.
Non esistono persone che non fanno sbagli, tu non hai mai mancato di ricordarmelo, ma la mia irrazionale paura di non essere amabile mi ha sempre imposto un modo di essere che fosse sempre la vana ricerca di un perfetto compiacimento altrui a costo di scalfirti continuamente. Perdonami, cercavi così tanto l’ossigeno ma io ti ho procurato solo anidride carbonica e ora non posso lamentarmi se devi ricorrere alla terapia intensiva, sono stata io ad intossicarti.
Ti ho intossicata di ambivalenza ogni volta che davo valore alla luce e al buio che lui mi dava, senza accorgermi che io mancavo di attribuire valore al dolore che stavo vivendo.
Ti ho intossicata ogni volta che mi sono accontentato delle briciole, confondendole per un lauto pranzo a dieci portate.
Ti ho intossicata quando continuavo a rimuginare su un qualcosa che non avevo potere di cambiare e quando mi sono ostinata a voler dare tutto a chi non poteva darmelo e che non poteva essere diverso, altrimenti lo sarebbe semplicemente stato.
Ti ho intossicata quando volevo avvicinarmi a chi mi non mi dava importanza e a chi mi ha, per un periodo, rubato anche il coraggio di credere nell’amore.
Ti ho intossicata quando ti ho costretta a portare il peso del rancore, del dolore e della rabbia, ma ti ringrazio per averlo trasformato in maturità. Non sai quanto mi hai liberato permettendomi di crescere sulla cresta del mio dolore, guadagnando vita anziché fingere che lo fosse il bordo dell’inferno.
Grazie perché ora so che amare è condividere e non chiedere approvazione o peggio conferme del proprio valore a nessuno.
Grazie per avermi perdonato per aver lasciato che il mio passato continuasse a condizionare il mio presente.
Grazie per aver preso per mano la mia bambina interiore e averla guidata fino al baricentro della mia anima, nutrendola.
Grazie per non aver mai smesso di cantare a squarciagola ogni emozione che ti attraversava, alzando sempre il volume cosicché io potessi sentirti. Grazie per aver distrutto ogni mio assurdo ideale, lasciando il posto ad una realtà a colori, più limpida e lineare, mai banale.
Grazie per averci creduto tu nel rispetto, nella tutela anche mentre io mi ostinavo a distruggerli dentro di me.
Grazie per non aver permesso ai dubbi che avevo sul mio valore e sul mio concetto di amabilità di proliferare con quella carica batterica virulenta che hanno, lasciando respiro ad una cristallina verità.
Ora mi hai insegnato che sono pronta a riconoscere e a difendermi da chi offende l’amore e da una parte di me che lo ha confuso per sofferenza. Non voglio più chi imbroglia me e l’amore, soltanto chi lo cura e gli da coraggio.
Non voglio più ingannarmi cara autostima, ho lasciato per troppo tempo che io fossi da solo e sempre davanti,
ora ti aspetto,
ora,
guidiamo insieme.
Il tuo cuore