Come probabilmente avrete già letto nella pagina dedicata alla terapia per la cura della Dipendenza Affettiva, attraverso il protocollo di cura DipendiAmo, nel percorso individuale vengono previsti step specifici finalizzati ad intervenire su punti particolari che permettono la guarigione dalla dipendenza affettiva: possiamo denominarle le fasi di guarigione dalla dipendenza affettiva:
- prima fase: gestione dell’ossessione verso la relazione
- seconda fase: comprensione delle origini del disagio
- terza fase: riappropriarsi della propria vita
- fase di rinforzo: rinforzo delle competenze acquisite e di monitoraggio in caso di ricadute
Con questo articolo voglio potervi spiegare queste fasi di guarigione dalla Dipendenza Affettiva attraverso la musica, in particolare attraverso l’ausilio di 5 canzoni e, attraverso una chiave di lettura del testo, come il loro significato sia in sintonia con gli obiettivi posti in ogni fase di guarigione.
La paura dell’abbandono dei dipendenti affettivi
Per questa fase la canzone che meglio descrive uno dei più forti problemi che vive una persona che soffre di Dipendenza Affettiva – la paura dell’abbandono – è “Io che non vivo senza te” di Pino Donaggio.
Descrizione di “Io che non vivo senza te”
La storia parla di un uomo e di una donna, probabilmente sposati, che convivono. Una sera il protagonista si accorge di alcuni comportamenti dell’amata, comportamenti ambigui, che percepisce come minacciosi nei confronti del loro equilibrio coniugale. Inizia allora a manifestare un forte disagio legato alla paura di essere abbandonato.
Cerca invano di convincersi che, nonostante le sue paure, niente e nessuno potrà mai dividerli. Anche solo l’idea di questa separazione lo fa disperare, perché egli si rende conto di non poter vivere nemmeno un’ora senza di lei, figuriamoci una vita intera.
La paura dell’abbandono lo fa diventare più geloso e quindi possessivo, mentre il desiderio di controllarla diventa sempre più forte.
Interpretazione del testo di “Io che non vivo senza te”
Chi soffre della paura dell’abbandono si ritrova spesso angosciato in un vorticoso delirio di paranoia e di gelosia
“Siamo qui soli, come ogni sera, ma tu sei più triste”.
La proiezione delle proprie angosce sull’altro risveglia anche l’insicurezza e la paura di non essere “abbastanza qualcosa”: bello, forte, desiderabile, intelligente
“Forse tu vuoi dirmi che non sei felice, che io sto cambiando e tu mi vuoi lasciar”.
Questi comportamenti sono tipici dei dipendenti affettivi, che, non appena avverte una minaccia o un cambiamento nella situazione della coppia, si aggrappa sempre di più a ciò che lo fa sentire apparentemente tranquillo: il possesso dell’altro, “Sei mia”.
La gelosia allora cresce, poiché ogni persona che, dal suo punto di vista, si mette in mezzo fra loro, diventa un pericolo
“Mai niente, lo sai, separarci un giorno potrà”.
Così il dipendente affettivo pensa di poter controllare la vita dell’altro. La paura di essere abbandonato lo costringe a dover dimostrare sempre più amore. Questo agire lo svuota. Entra così in una contorta richiesta di attenzioni “Io che non vivo più di un’ora senza te”, si tratta di un tentavo vacuo di adulare il partner per farlo sentire in colpa. In questo modo il dipendente si illude di non restare mai solo.
andrea
Straordinario. Purtroppo li conosco tutti questi brani e li ho pure cantati, come un pappagallo. Ne scopro oggi grazie e te il significato e lo smarrimento è palpabile. Mi chiedo se ho vissuto allo stesso modo di come ho cantato. Ma oggi ti ho letto......spero non sia tardi