Cos’è la voce?
Com’è la mia voce?
Come si racconta ?
Come si relaziona ?
Quanto posso lasciare che la mia voce sia quella che è così com’è?
Quante modifiche ho portato alla mia voce interiore per piacere, compiacere, essere accettata ? Amata?
Quanta distanza ho messo tra la mia vera voce e me?
Qual’è la mia vera voce?
Alla ricerca della propria Vera Voce
Come può un esperienza approfondita con la propria voce, diventare un valido strumento durante il percorso per uscire dalla Dipendenza Affettiva?
La Voce, così come il corpo in cui essa risuona, contiene le sfumature delle nostre emozioni, ha memoria delle nostre storie, dei nostri vissuti, di quelli più traumatici come di quelli più gioiosi ed è così fin dalla nascita, quando lo strumento che utilizziamo per comunicare, ancor prima dell’utilizzo della parola, è il suono della nostra voce.
Si potrebbe affermare che la Voce metaforicamente parlando e non solo, siamo noi.
La voce ci accompagna lungo il percorso della nostra vita, cambia e si trasforma in relazione alla nostra crescita, a ciò che viviamo e proviamo; se riusciamo ad ascoltarla, ci guida, portandoci sempre più a contatto con la nostra autenticità.
Spesso accade che riusciamo a percepire lo stato d’animo dell’altro solo attraverso il suono della sua voce, oppure, a volte, ci rendiamo conto che le parole di una persona non ci arrivano completamente perché sentiamo che il suo suono non esprime pienamente il messaggio che le parole avrebbero voluto comunicare.
Può succedere anche che noi stessi sentiamo il bisogno di urlare ma non riusciamo, vorremmo dire ma non diciamo, vorremmo liberare la nostra voce ma i nostri condizionamenti e giudizi non ci consentono di farlo.
A volte non troviamo le parole perché non comprendiamo cosa proviamo, perché non sentiamo la nostra Vera Voce, quella più istintiva, quella che ci neghiamo, che giudichiamo e alla quale impediamo di essere semplicemente quella che “è”, così com’è.
La Voce all’interno del disturbo da Dipendenza Affettiva.
Le persone con Dipendenza Affettiva spesso non sentono la loro voce, non riescono a mettere i loro veri bisogni a fuoco sentendoli a volte lontani, a volte confusi, a volte ovattati, a volte muti. La voce di queste persone è una voce che non ha il diritto di uscire perché hanno paura di essere di troppo, di essere sbagliati, di essere fuori luogo, pesanti.
La loro voce potrà così diventare una voce che compiace o che preferisce tacere e negarsi pur di non rimanere soli con sé stessi a prendere contatto con il senso di vuoto.
La voce della persona da cui si dipende ha un volume sempre più alto e occupa più spazio, è migliore e ha più diritto di esistere.
Nel coro delle relazioni, invece, le voci si devono poter sentire entrambe per potersi armonizzare e creare nuove melodie.
Trovare uno spazio per poter fare esperienza e prendere contatto con la propria voce, significa, prendere contatto con se stessi e via via acquisire sempre maggiore fiducia in questo strumento che ci permette di comunicare, di affacciarci sul mondo, sull’altro, di entrare nell’altro e di costruire una relazione autentica basata sulla reciprocità, perché se riesco a sentire la mia voce sarò in grado di ascoltare la voce dell’altro. Se riesco a fare esperienza di me riuscirò a fare un esperienza autentica dell’altro.
La consapevolezza ci concederà una maggiore libertà espressiva e darà voce al nostro sentire, l’intento è imparare ad ascoltarsi e ascoltare gli altri creando una maggiore armonia e integrazione nelle proprie relazioni.
Quando ci sentiamo smarriti dubbiosi, pensierosi, preoccupati, possiamo prendere contatto con i nostri piedi e con la terra, lasciar fluire liberamente il respiro e pian piano dar voce a quello che c’è così com’è, senza giudizio, questo semplice esercizio può essere un buon aiuto per sciogliere, pulire alleggerire e riarmonizzare quella sensazione di caos.
AccorDarsi al proprio sentire e alla propria voce può aiutarci a ritrovare il contatto con noi stessi.
Mi chiamo Alessia Pasini
Canto da sempre, il mio canto è la mia voce, quella che nell’infanzia cercava una porta per uscire, dai malesseri, dalle violenze, dai traumi che hanno segnato un tempo fatto di solitudine e isolamento emotivo, ma anche un canto per esprimere la ricchezza e la bellezza che non sapevo comunicare diversamente, nascosta sotto strati troppo pesanti di sfiducia e rabbia.
Cercavo ascolto e compagnia, cercavo condivisione, sognavo qualcuno con cui condividere i miei sogni, i cieli, i tramonti, qualcuno con cui camminare mano nella mano su ponti verso l’infinito, qualcuno con cui renderli reali i miei sogni, cercavo qualcuno con cui sfamare tutto ciò di cui mi sono sentita privata, quel nutrimento affettivo che mi era stato richiesto fin da piccola dagli adulti che mi hanno cresciuta.
Desideravo l’amore che non sapevo darmi e smettevo di darmene ogni volta che venivo delusa da incontri in cui vedevo bellezza, famigliarità, intimità, scambio.
Cercavo la felicità in un amico, in un compagno, ed ero disposta a non ascoltare più la voce dei miei bisogni pur di sentire una mano e una carezza o l’illusione alla quale aggrapparmi di poter essere vista e un giorno forse amata incondizionatamente e non sentire più quel vuoto che mi ha sempre o quasi sempre guidata.
Ho iniziato a dare un nome alla sofferenza che vivevo da anni e alla quale non riuscivo a porre rimedio nonostante i numerosi percorsi e tentativi, dopo aver lasciato andare con enorme sforzo e dolore l’ennesima situazione alla quale mi stavo aggrappando, è stato in quel momento che ho cercato qualcuno con cui riprendere il filo della mia sofferenza e rientrarci nuovamente per dar forza e nutrimento alle mie radici, ricontattare il vuoto e la solitudine e imparare a dare solo a me il compito di accoglierlo, nutrirlo prenderlo per mano e non abbandonarlo più .
Grazie all’incontro e il percorso intrapreso con la psicologa L.C. ho potuto fare molti passi, acquisendo nuovi preziosi strumenti ed è stata lei a consigliarmi il libro “La principessa che aveva fame d’amore” è arrivata magicamente, in profondità, attraverso la semplicità di una favola.
Ho cercato la Dott.ssa Gritti, frequentato un suo seminario e le ho proposto di poter condividere e utilizzare la mia esperienza con lo strumento che da sempre mi accompagna, perché possa essere utile, all’interno di questo processo di cura, liberazione e trasformazione.
Il mio percorso nell’ambito vocal/ musicoterapico
Dopo aver studiato canto , partecipato negli anni a seminari su tecniche, stili e linguaggi differenti, ho frequentato e terminato nel 2009 il percorso di formazione in musicoterapia e successivamente il corso di specializzazione nell’utilizzo della vocalità in ambito musicoterapico “Il canto della voce” a Trento.
Questo metodo ideato e sviluppato da Antonella Grusovin, musicista e musicoterapeuta, tratta la comunicazione sonoro/vocale in musicoterapia, ed è stata fin dai primi incontri per me, un’esperienza illuminante sul significato della voce, ha risposto a molte domande che erano rimaste in sospeso nel percorso di ricerca della mia voce interiore, sia a livello artistico che emotivo, aprendo possibilità di ascolto in grado di facilitare il contatto con l’essenza di ciò che è. E quindi all’essere.
Come dice Antonella Grusovin:
…della voce è meglio parlarne poco e piuttosto farne esperienza…
Poiché la voce è.